CARA PROFESSORESSA
di Ljudmila Razumovskaja
CARA PROFESSORESSA di Ljudmila Razumovskaja
traduzione Mauro Belardi
regia Valerio Binasco
con Claudia Coli, Denis Fasolo, Maria Paiato, Fulvio Pepe, Aram Kian
scene Antonio Panzuto
costumi Sandra Cardini
luci Pasquale Mari
consulenza drammaturgica Nicola Pannelli
La pièce è ambientata negli ultimi anni dell’impero sovietico, quando, nel disastro generale, soffiavano nel vento gli echi dei Tempi Nuovi, in onore dei quali i ragazzi speravano di vedere realizzati i loro sogni: i maschi volevano diventare gangsters, le femmine puttane d’alto bordo. Così, grazie alle televisioni europee e americane che finalmente arrivavano, questi erano i loro Sogni d’Occidente. E non sarà necessario, credo, svelare troppo la portata metaforica di questa storia: anche noi, adesso finalmente, siamo alla fine del nostro impero, i Tempi Nuovi sono nel vento e i nostri sogni si sono fatti incubi. I gangsters governano il Mondo e tutti noi siamo divenuti le loro puttane.
Morale della favola: c’è una salvezza? La Razumovskaja sembra dire di no: se c’è, è nei singoli cuori, ma per essi l’unica speranza di riscatto (come per la Professoressa) o di risveglio dell’anima (come per i piccoli Vitja e Ljalja) consiste in una specie di martirio. Ma al tempo stesso l’autrice scrive una commedia piccola e gentile che vorrebbe osare una sfida critica non solo al comunismo, ma alla crudeltà di tutti i poteri del Mondo. La sfida, sia dal punto di vista critico che estetico, non viene nemmeno raccolta, è inutile che ci raccontiamo bugie. Ma c’è un piccolo segreto di bellezza: non so ancora bene cosa sia, ma sento che nell’ingenuità dell’autrice e dei suoi personaggi c’è qualcosa di struggente e di buono che se vogliamo “coglierlo”, dobbiamo un po’ “raccoglierci”. E, nel farlo, tirarci fuori per qualche manciata di minuti dal frastuono di questi nostri giorni di fine impero, ficcarci in un teatro e assistere a una cara vecchia bella storia, crudamente e semplicemente come fosse una specie di verità.
NOTE DI REGIA
“Una cara, vecchia, bella storia drammatica che si svolge in un paese senza nome della Russia di ieri, cioè quella comunista, una sera fredda e triste di primavera, quando quattro ragazzi sui vent’anni – gentili e demodé come i ragazzi italiani degli anni Cinquanta – vanno in visita alla loro Cara Professoressa d’università. Hanno saputo che è il suo compleanno, che è disperatamente sola, che la sua mamma è all’ospedale. E hanno anche saputo un’altra cosa (…) l’autrice scrive una commedia piccola e gentile che vorrebbe osare una sfida critica non solo al comunismo, ma alla crudeltà di tutti i poteri del Mondo. La sfida, sia dal punto di vista critico che estetico, non viene nemmeno raccolta, è inutile che ci raccontiamo bugie. Ma c’è un piccolo segreto di bellezza… sento che nell’ingenuità dell’autrice e dei suoi personaggi, c’è qualcosa di struggente e di buono che se vogliamo “coglierlo”, dobbiamo un po’ “raccoglierci”… tirarci fuori per qualche manciata di minuti dal frastuono falsificante e spettacolarizzato di questi nostri giorni di fine impero, entrare in un teatro ed assistere a una cara vecchia bella storia, crudamente e semplicemente come fosse una specie di verità”. (Valerio Binasco)
Photogallery
Anno
2003
Produzione
Fondazione Teatro Due Parma
Premio Ubu 2003 come migliore novità straniera