TI HO SPOSATO PER ALLEGRIA
di Natalia GinzburgTI HO SPOSATO PER ALLEGRIA di Natalia Ginzburg
Con Maria Amelia Monti, Antonio Catania, Ariella Reggio, Giulia Weber
Regia Valerio Binasco
scene Antonio Panzuto
costumi Sandra Cardini
musiche Andrea Nicolini
luci Laura Benzi
Produzione Teatro Stabile di Firenze
NOTE DI REGIA
“Dov’è il mio cappello?”. Ti ho sposato per allegria comincia così. Comincia, sembra di capire, da un sorriso sfrontato e ironico dinnanzi all’impossibile. C’è un’impossibile famigliola, con tanto di suocera, cognatina, e governante, tutti insieme a fare il teatrino delle proprie parti, dentro a un gioco di parodia che (segretamente) gioca con l’impossibile vocazione drammaturgia dell’autrice. Questo star sul filo (di seta, elegante e fragile) doveva essere il brivido preferito della Ginzburg che sfida tutte le regole della buona scrittura drammatica inventandosi un teatro delle assurdità che tuttavia non rassomiglia – né tecnicamente, né ideologicamente – al greve teatro dell’assurdo, di marca comunque e sempre maschile ed esistenzialista. Approda a una forma apparentemente impropria (i monologhi fiume, divertentissimi, e all’apparenza teatralmente impossibili) provocatoriamente, o meglio, sfrontatamente fragile e tuttavia, là dove pare disfarsi in frivolezza, farsi irresistibile. Al centro di Ti ho sposato per allegria c’è appunto una ragazzina in pericolo che si è fatto donna e ha deciso, come conviensi ad una donna, che era tempo di sposarsi. L’uomo che la sposerà avrà fatto un pensiero simile, forse, ma da un’altra prospettiva: la prospettiva adulta. Gli uomini nel teatro della Ginzburg mi pare siano tutti molto adulti. Ciò non impedisce loro di essere insensati, anzi, ma lo sono dalla prospettiva comicamente più greve di chi ragiona – o ci prova – sul senso della propria vita ricercando somiglianze: coi propri simili adulti normali. Le ragazze della Ginzburg, invece, soffrono e splendono d’una vocazione per l’originalità, propria e altrui. La ragazza e l’uomo si vedono e poco dopo si sposano. Un matrimonio fatto per allegria. Ma poi il matrimonio si fa famiglia e con essa arrivano le regole, una delle quali è che bisogna essere uguali a tutte le altre famiglie. Nasce il gioco (divertentissimo e insieme triste) della “casa”. E con esso, per uguale allegria, la Ginzburg fa nascere il gioco del suo teatro. ” (Valerio Binasco)
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Anno
2003
Produzione
Teatro Stabile di Firenze